Con la pandemia ha preso piede lo smart working. Un computer portatile e una connessione cancellano le distanze fisiche tra sede dell'azienda e luogo di lavoro. Capita così che un professionista londinese lavori per una multinazionale dalla spiaggia di Loiri Porto San Paolo e una manager bresciana segua il sito di una startup milanese da Perfugas. In gergo, sono i nomadi digitali. Non ci sono, però, solo gli arrivi, come ci ricorda lo spopolamento dei nostri paesi. Abbiamo intervistato chi è venuto a lavorare in Sardegna e chi, invece, dalla nostra regione è andato a cercare lavoro all'estero. E sono emersi alcuni racconti interessanti: i lavoratori stranieri affermano di aver trovato il paradiso, ma si imbattono in problemi legati alla qualità della connessione, all’assenza di internet café, ai trasporti e alla burocrazia. Al contrario, la maggior parte dei sardi emigrati non pensa di sfruttare il lavoro da remoto per tornare a casa. Lavorare in Sardegna o tra le mura domestiche non è poi così allettante, spiegano